Il Parco di Castello di Brazzà
Fino alla seconda guerra mondiale il parco, creato dalla nonna Cora Slocomb, faceva parte di una proprietà di oltre trecento ettari. Era un paradiso di bio-diversità, sia floreale sia faunistica, ricco di specie dendrologiche autoctone ed estere – in particolare di origine nord-americana – di cui rimangono vari esemplari. La fauna allora includeva tra l’altro cervi, caprioli, conigli, ghiri, faine, lepri, scoiattoli rossi, e volpi; l’avifauna consisteva tra l’altro di aironi, cigni, oche, anatre, barbagianni, beccacce, civette, colombi, fagiani, gufi, tordi, tortore, pipistrelli e parecchie specie di uccelli cantori (come ben dimostrano le catture a quell’epoca dell’uccellanda o bressana del parco) e di uccelli rapaci (falchi, poiane, e sparvieri), per non parlare di rane, libellule, farfalle, grilli, cicale e api.
Dal 1950 (riforma della mezzadria), l’habitat naturale e il suo contenuto di bio-diversità fu progressivamente eroso per cause varie: divisioni ereditarie, difficoltà economiche dei proprietari, agricoltura intensiva (sopratutto mais) con l’uso eccessivo di prodotti chimici e degrado del biotopo del rio Liule, caccia indiscriminata (anche di frodo, con uso di trappole), e sviluppo di discariche abusive. Il ripristino del parco, che aveva sofferto dell’incuria e della mancanza di senso civico dei visitatori, era diventato urgente per la tutela del paesaggio e il benessere della zona collinare, nonostante l’opera meritoria di manutenzione condotta dal fratello di Corrado, Roberto – proprietario tra l’altro del rudere del Castello e della cappella – con il concorso efficace dei fratelli Campigotto.
Dalla fine di agosto 2014, nell’area del Fondo Chiuso di Diritto n. 14 del Castello di Brazzà, località Brazzacco – Moruzzo (UD), Dario Cester, titolare di autorizzazione alla cattura ed inanellamento degli uccelli a scopo scientifico rilasciata dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, darà avvio ad un programma di monitoraggio e ricerca sull’avifauna dell’area mediante la tecnica della cattura e inanellamento scientifico degli uccelli.
L’inanellamento è un metodo ampiamente utilizzato per la studio della biologia degli uccelli ed è effettuato da persone titolari di permesso rilasciato dall’Ente Regione su parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.), ente che coordina l’inanellamento in ambito nazionale, facente parte dello schema dell’European Union for Bird Ringing (EURING).
Questa tecnica consiste nel catturare gli uccelli per poi marcarli individualmente con un anello applicato alla zampa. Gli anelli utilizzati sono di vario tipo e differenti misure a seconda delle dimensioni corporee ed alla struttura della zampa delle diverse specie. Una volta catturati, gli uccelli vengono immediatamente “marcati”, misurati, pesati e subito rilasciati.
L’inanellamento degli uccelli, tra l’altro, consente di:
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ü acquisire informazioni uniche sulla biologia, fisiologia, biometria ed ecologia delle varie specie;
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ü capire come utilizzino l’area di studio o come gestiscano le proprie risorse energetiche durante determinati periodi;
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ü verificare la fedeltà degli uccelli ai siti di svernamento e/o di nidificazione;
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ü ottenere importanti dati sull’andamento delle popolazioni e quindi sul loro stato di salute, al fine di realizzare eventuali piani di gestione ambientale;
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ü valutare l’importanza ecologica delle aree adibite a ripristino ambientale.
Dal 1° gennaio 2015 la ricerca nel Fondo Chiuso del Castello di Brazzà si inserirà nel Progetto coordinato su scala nazionale MonITRing, al fine di dare un concreto contributo alle accresciute esigenze di monitoraggio, dovute anche a normative di recente attuazione in Italia. Inoltre, in adesione al Progetto Nazionale “Ruolo dell’Italia nel sistema migratorio della Beccaccia, Scolopax rusticola”, nell’area di studio rivestirà particolare importanza il marcaggio di esemplari di questa specie.
Questi progetti promossi dall’I.S.P.R.A., permettono di ottemperare alla richiesta di monitoraggio delle specie migratrici che la Direttiva Comunitaria 2009/147/CE e la Convenzione di Bonn sulle specie migratrici impongono all’Italia.
In concomitanza con le uscite di cattura e inanellamento verranno anche censite le specie non oggetto di cattura mediante la metodologia del transetto e dei punti di ascolto, rilevando ogni contatto visivo o uditivo, così da ottenere ulteriori dati statistici che permetteranno di implementare il monitoraggio al fine di aver un quadro completo delle specie di uccelli che frequentano l’area